Papa Pio X era impegnato intensamente nella realizzazione del suo programma cristocentrico, non solo negli atti pontifici solenni, ma anche in quelli ordinari od occasionali. Era premuroso nel dare il salario ai servi e agli operai, e personalmente insegnava il catechismo alle persone che alla domenica andavano ad ascoltarlo nel cortile di S. Damaso; non usava la sua autorità (per il rispetto che aveva dell'autorità costituita) nei casi di competenza di pastori subalterni: non agiva in alternativa ad essi, ma solo attraverso di essi, come risulta, ad esempio, dall'esame delle relazioni intercorse tra Pio X e mons. Andrea Giacinto Longhin, il vescovo che Pio X stesso aveva elevato alla sede di Treviso nel 1904.
Pio X stilò di proprio pugno il testamento (30 dicembre 1909).
"Nato povero, vissuto povero
", volle morire povero. Per una fulminea e mortale
malattia, causata dal dolore provato per lo scoppio del "guerrone
" (la prima
guerra mondiale), il papa morì alle 1.16 del 20 agosto 1914, dopo essere "vissuto
79 anni, due mesi e 18 giorni
". "Era come se si assistesse ad una scena nel
modesto casolare di un operaio morente, senza pompa e senza splendore di sorta.
Le sue affezionate sorelle stavano intorno a lui, pregando in un mesto silenzio
e noi eravamo pochissimi a causa della subitaneità di quanto era accaduto
" (testimonianza
di R. Merry del Val). Fu sepolto nei sotterranei di San Pietro in Vaticano.
Il cordoglio per la morte fu generale e vivissimo, specialmente nei luoghi in
cui aveva esercitato il suo ministero. A titolo di esempio, si riporta il testo
del telegramma del sindaco di Salzano, Luigi Zanetti: "Cardinale Camerlengo
Vaticano Roma - Prego Eminenza Vostra accogliere vivissime condoglianze morte
Illustre Pontefice qui sempre ricordato amatissimo Arciprete da tutta la popolazione.
Prego esprimere vivissime condoglianze Signore sorelle Sarto. Sindaco Zanetti
".
La reazione alla morte del papa nelle genti venete fu pari,
per intensità e per partecipazione, a quella che nel 1903 aveva salutato la
sua elezione al soglio pontificio. La gente rimase attonita, sconcertata, incredula.
Il prof. Eugenio Bacchion (1899-1976) scrisse in proposito: "Il lutto fu generale
di ogni persona, di ogni famiglia: si pregava e si piangeva chiusi in un mutismo
più che eloquente
". Ognuno rinserrava il proprio dolore in se stesso, era una
sofferenza fisica di segno esattamente opposto all'esultanza, spontanea e pirotecnica,
che 11 anni prima era scoppiata all'annuncio dell'elezione.
Come strideva il dolore per una perdita così sentita con le entusiastiche e spontanee celebrazioni, nate in un battibaleno nel 1903.
Il Bacchion testimonia che "l'entusiasmo raggiunse il delirio,
fu una vera rivoluzione; un baciarsi, un gridare, un correre a diffondere ovunque
la lieta notizia
". Particolarmente significative furono anche le feste per il
giorno dell'incoronazione: suono interminabile di campane, bandiere, fiori,
festoni, archi trionfali erano dovunque. Speciale riguardo fu riservato alla
casa natale del papa: "La modesta, la bianca casetta del papa era tutto un sorriso
di verde, di luce e di fiori. Inquadrato in una colossale corona di fiori freschi,
sulla quale era disegnato dall'abile giardiniere Giuseppe Trentin di Loreggia
lo stemma papale, spiccava, appeso al muro tra due finestre, il ritratto di
Pio X
".
I telegrammi furono innumerevoli; i manifesti, specialmente a Riese, non si contarono. Lapidi e busti furono commissionati dai vari comitati per le onoranze da attribuire del nuovo papa, sorte nei paesi e nei luoghi in cui Pio X era passato, alcuni portati a termine in nel giro di pochi mesi.
Lapide al cardinale G. Sarto nella chiesa parrocchiale di Riese. Fot. M. Cappello.
Inaugurazione della lapide a S.S. Pio X a Riese il 27 settembre 1903. Parla mons. Sanfermo.
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