Prima di leggere la poesia, è necessario dire due parole sull'autore, il sacerdote lituano Alessandro Dombrowski, nato il 26 agosto 1860 a Kuroniai e morto il 19 febbraio 1938 a Kaunas.
Fu uno degli esperantisti della prima ora, perché nel 1887 si mise in contatto con Ludovico Lazaro Zamenhof, il benemerito fondatore della nuova lingua pianificata, per ricevere la grammatica della nuova lingua internazionale, alla quale subito si dedicò.
Fu autore di numerosi interventi a livello religioso e letterario, che era costretto a firmare con pseudonimi a causa della censura zarista, e fu un protagonista del movimento esperantista internazionale: le sue traduzioni di brani della bibbia, il vocabolario lituano-esperanto, inni, poesie ecc. sono ormai dei classici della letteratura esperantista.
Sua è ad esempio la traduzione del Padre nostro che si recita nelle preghiere e nella messa degli esperantisti cattolici.
E sua è la poesia apparsa sul primo numero della rivista Espero Katolika nell'ottobre 1903: fu scritta il 18 settembre 1903 e dedicata al nuovo papa Pio X, eletto il 4 agosto dello stesso anno.
Questa poesia va storicamente collocata e compresa, perché risente del periodo in cui è stata scritta, un periodo in cui la Chiesa si sentiva accerchiata da numerosi nemici, che riteneva coalizzati per la sua distruzione.
Il componimento consta di quattro quartine, ognuna delle quali si chiude col nome del papa: Pio.
Nella prima strofa l'autore esprime tutta la sua gioia per il fatto che Dio aveva donato alla Chiesa un nuovo pastore, dando così continuità alla vita della sua Chiesa cattolica.
Nella seconda strofa appare un pensiero di disprezzo per la sconfitta del serpente infernale, pensiero che subito si trasforma in speranza per il futuro della Chiesa perché, pur tra le difficoltà della vita quotidiana nel mondo, il nuovo papa sarà guida sicura per il popolo di Dio.
Nella terza strofa il Dombrowski sottolinea la fiducia incrollabile del popolo di Dio nel papa: anche se le voci del mondo laico, massone ed anticlericale esprimono la convinzione che la pietra sulla quale Cristo ha fondato la sua Chiesa è destinata a scomparire spazzata via dal progresso, i credenti sono rincuorati dalle parole "le porte degli inferi non prevarranno": infatti, ora che il nuovo papa si è assiso sul santo soglio di Pietro, la vita della Chiesa riprenderà nuovamente vigorosa nel suo cammino di pellegrina nel mondo verso l'eternità.
L'ultima strofa è permeata da un pensiero che non mi pare fuori luogo definire profeticamente ecumenico: il destino della Chiesa sotto la guida del papa di Roma è destinato a concretizzarsi in un solo gregge guidato da un solo pastore.
Ecco un tentativo di traduzione: non è aulico e misurato come quelle già esistenti, non esprime la musicalità del componimento originale, ma una sua lettura può dare l'idea del contenuto per chi non lo conosce, non lo capisce o non lo comprende appieno.
Riporto la versione originale, una traduzione non rimata, ed una che ho tentato personalmente, ma che non mi convince molto, in rima: ciò sta a significare quanto facile sia a volte (anzi, moltissime volte!) cimentarsi in esperanto anziché nella propria lingua.
AL LIA PLEJ SANKTA MOŜTO PAPO PIO XaĈesis jam viva malgajo publika Grincu per dentoj infera serpento! Oni diradu, ke Petra la Ŝtono Tial laboru sen tim' kristanaro 18 IX 03. P. A. DOMBROWSKI |
A SUA SANTITÀ PAPA PIO XE' già finita la viva generale tristezza, Digrigna pure i denti, infernale serpente! Si continui a dire che la pietra di Pietro Per questo fine, senza timore, lavori ogni cristiano 18 IX 03. P. A. DOMBROWSKI |
Una traduzione alternativa:
A SUA SANTITÀ PAPA PIO XGià è finito il vivo lutto generale, Digrigna pure i denti, serpente infernale! Si dica ancora, come per incanto, Così operi la cristianità senza timore, 18 IX 03. P. A. DOMBROWSKI |
ultimo aggiornamento: 14.08.2007