Il 2000 è un anno pieno di aspettative spirituali e mondane, un anno
"magico" per moltissimi versi, se non fosse più significativo
e rispettoso definirlo "provvidenziale" per altrettanti versi.
Cade infatti il bimillenario della nascita di Gesù Cristo, cioè
il nostro Salvatore; c'è il Grande Giubileo del 2000, durante il quale
Dio spargerà su tutti noi le Grazie di cui abbiamo bisogno, la prima
delle quali è quella di essere confermati nella nostra fede ed essere
fatti oggetto privilegiato della misericordia di Dio.
Il 13 novembre 2000 cade anche il 150° anniversario dell'ingresso nel seminario
gregoriano di Padova del quindicenne Giuseppe Sarto, il futuro papa Pio X e
Santo della Chiesa Universale.
Non si può negare la provvidenzialità dell'evento, soprattutto
per quanto riguarda la Chiesa e, più ristrettamente, la comunità
parrocchiale di Salzano.
Oggi si parla tanto di "fortuna": ma certamente il termine esatto
è "provvidenza".
Nato a Riese il 2 giugno 1835, ebbe la "fortuna" di nascere in una
famiglia che aveva il suo perno nella madre, Margherita Sanson (1813-1894),
una "cucitrice" che, pur essendo classificata dagli uomini come "illetterata",
era una donna di grandi dimensioni spirituali. Una donna che, lasciata carica
di debiti dal marito Giovanni Battista Sarto (1792-1852) , ha saputo tirare
su una famiglia di ben otto tra figli e figlie (altri tre maschi le erano morti
entro il primo semestre di vita) ed educarli secondo il messaggio evangelico.
Il maggiore della nidiata, Giuseppe Melchiore, ebbe poi la "fortuna"
di incontrare educatori come il parroco, il mestrino Don Tito Fusarini (1812-1877),
come un cappellano, il trevigiano don Luigi Orazio (18?-1884), e come l'altro
cappellano, il friulano di Artegna (UD) don Pietro Jacuzzi (1819-1902): a quanto
mi risulta, non è stata ancora studiata a fondo l'influenza che questi
tre sacerdoti hanno esercitato sul giovane Sarto, ma quello che è certo
è che l'hanno indirizzato con grande sapienza di spirito.
Inoltre il giovane Sarto ha avuto la "fortuna" di avere come compaesano
il prelato e poeta neoclassico Jacopo Monico (1778-1851), patriarca di Venezia,
che interpose i suoi buoni uffici e gli fece ottenere un posto gratuito presso
il seminario di Padova, essendo di sua competenza l'assegnazione di una "borsa
di studio" per seminaristi poveri e meritevoli.
E anche qui fu beneficiario di un'altra "fortuna": quella di essere
il migliore studente del migliore istituto di formazione sacerdotale del Lombardo-Veneto,
fondato da San Gregorio Barbarigo (1625-1697), istituto nel quale si formò,
oltre che nella religione cattolica, nel latino (si pensi alla tradizione del
Forcellini, l'autore del Lexicon totius latinitatis), nelle scienze (fu abile
matematico e costruttore di meridiane), nello studio dei Padri della Chiesa
e nella musica sacra (venne preposto alla direzione della schola cantorum del
seminario).
Giuseppe Sarto, cresciuto tra mille attenzioni in famiglia e nella parrocchia,
devoto della Madonna delle Cendrole, si decide al grande passo dopo essersi
sempre segnalato, sia nelle scuole elementari, sia nel ginnasio di Castelfranco
come studente modello: sempre fu "il primo della classe".
Tale caratteristica lo accompagnerà sempre nella vita.
Le difficoltà incontrate fin dalla giovane età lo temprarono:
percorreva ogni giorno una quindicina di chilometri per recarsi a scuola, "cammino
che faceva sempre a piedi e solo", testimoniò la sorella Maria al
processo diocesano di beatificazione. "Imparò a stare con se stesso"
afferma Gianpaolo Romanato, il più documentato ed il più recente
dei biografi di Pio X: "quel tirocinio, indubbiamente duro per un fanciullo
non ancora adolescente, ne temprò il carattere, abituandolo alle sopportazioni
ed alle fatiche, fisiche e spirituali".
Nato in una famiglia povera, pur non essendo miserabile, ebbe difficoltà
finanziarie per seguire la sua vocazione. Fu così che il Giovanni Battista
Sarto ricorse al compaesano cardinale di Venezia, perché aveva la "fortuna"
che il cameriere del patriarca era suo fratello Angelo.
Nell'estate 1850 don Fusarini, che aveva studiato a Padova, inoltrò la
domanda a mons. Giovanni Casagrande, vicario generale e prefetto degli studi
del seminario della diocesi di Treviso; questi inviò il 27 luglio 1850
una supplica al patriarca Monico assieme alla segnalazione che si trattava di
"un buono e bravo giovinetto", che prometteva di diventare un "eccellente
sacerdote".
Il patriarca accettò favorevolmente la domanda e rispose il 22 agosto
successivo.
Si avvicinava quindi l'ora della grande scelta e della grande decisione.
Giovanni Battista Sarto fu informato della risposta positiva il 28 agosto 1850
ed il 19 settembre il giovanetto Sarto vestì l'abito clericale e, circa
due mesi dopo, il 13 novembre, in "una immatura mattinata", portò
a compimento la fase iniziale del suo cammino sacerdotale.
Fu una scelta sofferta e contrastata.
La sorella Lucia testimoniò al processo diocesano di beatificazione che
in famiglia la vocazione fu contrastata dal padre: "il papà era
tanto buono, ma non era affatto contento che il Servo di Dio si facesse prete
e qualche volta ci fu diverbio con la mamma e il babbo [...]. Ha dovuto lottare
col papà che non voleva lasciarlo andare per la carriera ecclesiastica,
anzi diceva la mamma che non voleva lasciarlo fare neanche il chierichetto in
Chiesa parrocchiale quando era piccolo".
Quindi la vocazione fu "il frutto di un atto di volontà preciso
e determinato", annota Gianpaolo Romanato.
Un ambiente severo ed isolato: questo era il seminario di Padova tra il 1850
ed il 1858. La madre andò a trovarlo una sola volta in otto anni, ed
egli ne uscì, oltre che durante le vacanze estive, solo alla morte del
padre nel 1852, per due mesi nel 1855, a causa di un'epidemia per la quale fu
chiuso il seminario, e nel 1858, per una predica domenicale a Riese.
Educato ed educatosi a questa rigida disciplina, nella vita andò incontro ad
altre "fortune", tutte dipendenti dalla "fortunata" scelta
iniziale, quella del seminario: fu cappellano di Tombolo con veci di parroco,
fu parroco di Salzano (unico papa della storia ad avere svolto questo ruolo
sacerdotale), fu contemporaneamente canonico residenziale, cancelliere vescovile,
padre spirituale del seminario ed esaminatore prosinodale a Treviso, poi vescovo
di Mantova, cardinale e patriarca di Venezia, papa della Chiesa Universale e
Santo.
Fu autore di un fortunato catechismo, noto nel mondo degli studiosi come il
"Catechismo di Salzano" che non va confuso con il "Catechismo
di Pio X" che estese nel 1912 alla Chiesa Cattolica; fu tra i preti più
impegnati sul fronte del rinnovamento liturgico, tanto che nel 1874, ancora
parroco trentanovenne di Salzano, fu invitato al Congresso Cattolico di Venezia
come uno dei più esperti del settore.
A Salzano si segnalò per esempi di dedizione pastorale e civile difficilmente
uguagliabili.
Ma bastino questi semplici cenni: con scelte meditate e fortemente volute, la
provvidenza aiuta, ed aiuta fino a proporre riforme rinnovatrici rivoluzionarie,
se attuate nel proprio tempo, perché abbiamo il dovere di stare attenti
ai "segni dei tempi".
In questi tempi di fine secolo e di inizio millennio potremmo cominciare a riflettere
sui fatti che hanno segnato la nostra comunità parrocchiale e civile
nel nome di Giuseppe Sarto, proprio a cominciare da una riflessione su questi
fatti, che hanno il loro inizio in una vocazione iniziata nel 1850.
150 anni fa.
ultimo aggiornamento: 02.08.2007