(di Alessandra Geromel Pauletti)
Da:
Il Museo di san Pio X a Salzano
Argenti, tessuti e arredi sacri dal Quattrocento al Novecento
Amministrazione Comunale di Salzano, 1999
Pagg. 64-65
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N. inv. 15
PIANETA
Ricamo: ultimo quarto del XV sec. - Italia (Venezia). Tessuto: metà del XVI sec. - Italia (Venezia)
Dimensioni | cm. 111,5x71,5 |
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Definizione tecnica | velluto "soprarizzo" o cesellato, operato ad un corpo. con croce e colonna ricamate. |
Costruzione | su armatura di base in raso da 5, ottenuto da un ordito e una trama di fondo rispettivamente di colore rosso cremisi e giallo, il disegno risulta rilevato in velluto tagliato e riccio (quest'ultimo più alto), prodotto da un ordito di pelo e ottenuto mediante la sovrapposizione di due ferri, uno scanalato e l'altro a sezione tubolare. inseriti tra il secondo e il terzo colpo di trama (tre colpi al ferro), che lavora in taffetà doublè. |
Materiali del ricamo | sete policrome e filati metallici su supporto in robusta tela di canapa naturale: argento filato S su anima di seta bianca e argento dorato filato S su anima di seta gialla (oro di Milano, dorato solamente sulla superficie esterna), entrambi usati doppi; lo stesso, in forma di cordoncino, filato S riant su anima di seta giallo paglierino, a profilare le figure ? con l'intento di nascondere il supporto ? con punti di fermatura liberi, usati anche per fermare i filati serici impiegati a campire i panneggi delle vesti. Le zone interessate dalla seta sono in genere profilate dal cordincino in filato metallico, e viceversa. |
Tecnica del ricamo | ricamo ad applicazione a punto pieno, punto erba e punto spaccato, con lunghe briglie sulle quali vengono stesi fili trasversali. trattenuti da punti di fermatura con disposizione a canestro per le sete; punto posato, con punti di fermatura in seta gialla liberi, a canestro e in diagonale (anche su imbottitura di fili di canapa. che suggerisce il rilievo delle architetture) per i filati metallici. |
Ordito di fondo | organzino di seta, due capi, torsione S, rosso. |
Riduzione | 90 fili/cm. |
Ordito di pelo | seta, due capi, torsione S, rosso cremisi. |
Riduzione | 45 colpi/cm. |
Proporzione | 2:1 |
Trama di fondo | seta, due capi, STA, giallo. |
Riduzione | 32 colpi/cm. |
Altezza del tessuto | cm. 60 cimose escluse. |
Rapporto di disegno | cm. 43x30. |
Cimose | tagliate. |
Sul fondo opaco, vagamente cangiante per l'impiego di un ordito rosso e della trama gialla, l'opera risulta rilevata per effetto del pelo del velluto di due diverse altezze - tagliato e riccio - fra i quali quello riccio, che acquista un rilievo superiore, descrive solamente alcuni particolari minuti, quali i pistilli dei fiori, e disegna lo spessore dei tronchi tagliati e i chicchi delle melagrane. Il disegno è impostato sulla doppia ripetizione del motivo decorativo, contenuta nell'altezza del tessuto, e si articola in una successione di maglie, tracciate dallo sviluppo articolato di tronchi nodosi, che sovente si intersecano tra loro, suggerendo un fitto reticolato all'interno del quale trovano collocazione foglie uncinate, fiori e frutti. La successione in verticale alterna due maglie, delle quali la prima, ampia e rigonfia, a forma di ogiva schiacciata, reca al centro il caratteristico nodo vinciano, descritto dall'intreccio di due tronchi che si avvicinano per poi proseguire in verticale dove disegnano una formella eptalobata i cui punti di tangenza, ai lati, vengono stretti da un passante costituito da una doppia foglia d'acanto; al suo interno, tracciata dal tronco che prima aveva descritto la maglia più grande, si trova una maglia allungata di più piccole dimensioni, entro cui è un fiore stilizzato a losanga con quattro grandi petali frastagliati.
La successione di queste doppie maglie che si scambiano è resa più articolata dalla diffusa presenza di fogliame di forme sinuose e contorte, frutti di melagrana e fiori, fittamente disposti a riempire gli spazi rimasti liberi dal tracciato a rete, al quale di frequente si intersecano, staccandosi dai lunghi piccioli.
Il velluto "soprarizzo", molto diffuso nel XVI secolo, costituisce una delle tipologie tessili grazie alla quale la città di Venezia ebbe grande fortuna nei secoli passati, richiestissimo per la confezione dei preziosissimi abiti indossati nelle corti europee e in quelle d'Oriente, dove veniva ricercato per l'elevato costo giustificato in parte dai materiali di primissima scelta (stupende sete e coloranti stabili alla luce), in parte per la complessità esecutiva che lo rendevano esclusivo appannaggio delle classi dominanti, le sole in grado di poterlo acquistare.
Il velluto in esame, pur nell'impossibilità di analizzare le cimose (tagliate), venne tessuto a Venezia, la sola in grado di realizzare questi drappi di grande difficoltà tecnica, attribuzione confermata dall'altezza della pezza superiore a 60 centimetri.
La pianeta è il risultato del probabile reimpiego di un abito smontato, poiché confezionata con dieci frammenti di diverse dimensioni, alcuni dei quali molto ampi (nella parte posteriore, ritenuta la più importante perché vista dai fedeli), altri di pochi centimetri, assemblati nel davanti della veste senza alcun rispetto del drittofilo della stoffa.
Decorano la pianeta due croci, anteriore e posteriore, realizzate mediante ricamo ad applicazione in sete policrome e filati metallici, con figure di Santi entro strutture architettoniche sorrette da colonnine tortili e sovrastate da una cupola d'oro.
Il ricamo appare realizzato in due fasi successive, la prima delle quali interessò l'esecuzione dei Santi, che vennero poi inseriti entro le architetture realizzate in una fase successiva, e quindi assemblati con il velluto soprarizzo - anch'esso di reimpiego - con il quale venne confezionata la veste liturgica così come oggi ci appare. In quell'occasione i riquadri con i Santi (larghezza cm. 13), citati nel corredo della parrocchia fin dal 1526, furono accorciati e aggiustati nelle misure come evidenziato dalle due figure poste ai margini della pianeta - o ridotti sacrificando parti più propriamente decorative, quali le zone sovrastanti le cupolette, interessate dallo sviluppo di racemi fioriti.
I personaggi, come accade di frequente, sono lavorati in maniera assolutamente autonoma rispetto alle architetture, espediente che ne semplificava l'esecuzione e consentiva l'acquisto "mirato" da parte della parrocchia richiedente, che ordinava quelli particolarmente significativi per le vicende di fondazione o devozionali.
Nella croce anteriore è S. Pietro, che regge nella mano destra la chiave, mentre con la sinistra trattiene il libro, in posizione superiore rispetto a San Bartolomeo, patrono della chiesa: questi, descritto come un uomo di mezza età con lunga barba e capelli scuri, tiene in mano il pugnale, simbolo del suo martirio avvenuto in Armenia, dove venne scuoiato secondo quanto narrato dalla Legenda Aurea.
La "riduzione" effettuata per S. Bartolomeo ha interessato anche San Paolo, ugualmente collocato lungo il margine inferiore della veste, ma sul retro, riconoscibile per i due consueti attributi e cioè per la lunga spada simbolo del martirio e per il libro che rappresenta le Epistole da lui scritte; S. Paolo, assieme a S. Pietro, vengono considerati i Padri fondatori della Chiesa.
Nel riquadro superiore, compare poi rappresentato S. Giovanni Battista, compatrono della Parrocchia di Salzano fin dal 1427 - elemento che avrebbe potuto servire come termine post quem per la datazione delle figure a ricamo - quando la chiesa divenne a tutti gli effetti autonoma e indipendente dalla Pieve Matrice di Zianigo, dotandosi della fonte battesimale consacrata proprio nel giorno dedicato al santo, che la tradizionale iconografica ritrae con barba e lunghi capelli, vestito di una tunica marrone nella quale appare evidente la libertà del ricamatore - rispetto al disegno tracciato - di rendere la veste più scollata, interpretando personalmente il suggerimento del pittore che ne aveva indicato le forme ad inchiostro.
Segue poi, risalendo in verticale, la figura di Cristo benedicente, inserito tra i due bracci corti della croce, dove secondo consuetudine è collocata la scena dell'Annunciazione: l'Angelo che regge con la sinistra un lungo giglio dorato, cui fa da contrappunto la Madonna, descritta mentre accoglie l'annuncio, con il capo reclinato, lo sguardo abbassato e le braccia incrociate sul petto.
La caratterizzazione fisiognomica dei personaggi, che è la caratteristica principale delle figure, evidenzia la mano sicura che ne tracciò il disegno preparatorio, ancor più evidente per il fatto che nei volti è quasi interamente scomparsa la seta: è così che S. Paolo si fregia di un grosso e importante naso - lo si dice infatti non bello - così come viene raffigurato dal pittore, che suggerisce anche il dettaglio dei capelli con la stessa attenzione che ritroviamo nell'Angelo, i cui ricci fluenti richiamano alla mente i più famosi esempi della tradizione pittorica quattrocentesca.
Il confronto più calzante con altri lavori veneti suggerisce la vicinanza stilistica ed esecutiva con alcuni ricami del Duomo di Motta di Livenza, in provincia di Treviso, attribuiti ad un laboratorio veneziano che li eseguì tra la fine del `400 e gli inizi del `500 (Argentieri Zanetti, 1988, pp. 80-83). La somiglianza con i nostri riguarda più che altro le architetture dei riquadri applicati alle tunicelle, avvicinabili sia per tecnica che per caratteristiche stilistiche: si ha lo stesso tipo di lavorazione, che produce uguali risultati nei pavimenti e nel modo di campire le vesti, e nei volti, mala somiglianza è particolarmente evidente nelle architetture, che sembrano uscite dalla stessa bottega di ricamatori.
Il più antico degli inventari, datato 1526, riporta "una planeta velluti
nigri et figurati rubei cum stollis et manipulo, et cruce recami
" e
un'altra "velluti cremesini cum cruce de recamo
" e ancora nel
1574 come "pianeta de veludo negro, et rosso vecchia con crose a figure
doro
", mentre l'altra è detta "de veludo cremesin con crose
doro a figure
". Nel 1578 sono addirittura tre le pianete "con
croce de friso doro
".
I Santi dovevano appartenere ad una fase più antica, realizzati probabilmente nell'ultimo quarto del XV secolo, secondo quanto suggerito dalle solide forme umane e dall'ampio panneggio quasi scultoreo delle vesti, quindi applicati entro le architetture nei primi anni del XVI secolo.
Il velluto originale invece, venne sostituito con un altro della metà del Cinquecento, in un'epoca imprecisata, quando si "aggiustarono" le dimensioni dei riquadri, tagliati e integrati secondo necessità.
Fodera | tela di canapa, naturale, cucita a mano. |
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Galloni | cm 0,8 in oro filato S, riant, su anima di seta avorio a forte torsione, impiegato sia in ordito che in trama. |
Condizioni | precarie; si rilevano diffuse lacerazioni sul fondo in raso del velluto, dove si riscontrano estesi rammendi. |
Bibliografia | PALLUCCHINI, 1928, p. 104; BORTOLATO, 1973, pp. 26-27. |
Bibliografia di confronto | CIATTI, 1994, n. 23, pp. 119; DAVANZO POLI, 1991, n. 12, p. 30; AA.VV., Nel lume del Rinascimento, 1997, n. 51, pp. 97-98; ARGENTIERI ZANETTI, 1988, pp. 80-83. |
Ultimo aggiornamento: 04.08.2007