1 Dal "Corriere della Sera" di domenica 19 febbraio 1995, n. 42
Cinquant'anni fa, il 19 febbraio 1945, moriva a Milano, nella casa del nipote in via Fiamma 27, Achille Beltrame, il pittore della "Domenica del Corriere", che per quasi mezzo secolo, con le sue "tavole" era stato il volto della "Domenica", il settimanale più popolare d'Italia. Con i suoi disegni a colori, Beltrame ha raccontato e rappresentato i fatti più importanti e più curiosi della vita: dall'avvenimento di risonanza mondiale, al fatterello di cronaca strano o impensato, purché di attualità palpitante. Oggi si dice: l'ho visto in tv; allora, si diceva: l'ho visto sulla "Domenica del Corriere".
Le tavole pubblicate, in prima e ultima pagina, sono 4.662: a cominciare dalla guerra russo-giapponese per passare alle incoronazioni di sovrani, rovesciamenti di troni, avvenimenti sportivi, eruzioni vulcaniche, naufragi. E per i fatti minori: l'autocarro travolto dal treno, il carabiniere che rischia la vita per salvare un bambino da un cavallo imbizzarrito, il fulmine che colpisce e incenerisce la povera casa colonica, l'automobile che precipita da una scarpata.
Ogni volta la scena era diversa, ma Beltrame aveva un incontrastato dominio dell'immaginazione della gente e pareva che effettivamente fosse stato presente alla vicenda da rappresentare.
Quelle due pagine a colori erano dei quadri: ricchi di movimento, precisi nei particolari, con una perfezione del disegno che si riallacciava alle tradizioni ottocentesche. Beltrame voleva essere semplicemente un cronista anche se non si mosse mai da Milano: non vide le grandi città, i deserti, le foreste, i luoghi esotici che rappresentò.
Dal suo studio, consultando l'archivio, riusciva, ogni settimana,
ad essere con la fantasia idealmente presente dove fosse accaduto il fatto.
Quando il suo archivio iconografico non bastava, domandava, insisteva, faceva
chiedere il colore e la forma di questa o di quella casa. Tutti i martedì, Beltrame
arrivava in via Solferino per conoscere il tema delle illustrazioni di copertina.
Ma a questo punto è meglio ascoltarlo, perché l'unica volta che si riuscì a
farlo parlare di sé e di questa sua fatica settimanale, disse: "Ecco la prima
triste verità sulla professione di illustratore: la fretta. A mezzogiorno entro
nell'ufficio di direzione della "Domenica" senza avere la più lontana idea degli
avvenimenti o dei fatti di cronaca che dovrò disegnare. Per la seconda copertina
sono in ballottaggio diversi argomenti: l'incendio di un grande albergo a Nuova
Orleans, con cinquantasette morti; un villaggio della Patagonia distrutto da
un ciclone. Verso l'una prevale l'incendio ed io me ne vado con il viatico della
fotografia dell'albergo che risale al giorno dell'inaugurazione e qualche ritaglio
in cui il fatto è raccontato in sommario
".
"Non c'è tempo da perdere. Leggo la notizia dell'incendio,
e mi accorgo una volta di più che il giornalista ideale ha ancora da nascere.
Mai uno che si ricordi di dire, per esempio: "I vigili del fuoco nella loro divisa azzurra, il berretto a
visiera contornato da un filo d'oro..." ecc.!
".
Eppure queste non erano che minuzie, piccole difficoltà marginali: c'erano da risolvere, nel breve tempo concessogli, anche le vere questioni artistiche, che erano la base del suo lavoro: le proporzioni, l'ambientazione delle figure. E, in questo, stava la sua grande, prodigiosa abilità.
Prima delle otto (non sgarrava mai) eccolo ritorno alla "Domenica" con le copertine sotto il braccio. Le portava personalmente, non voleva affidarle ai fattorini: voleva vedere la prima reazione del direttore e dei redattori, spiare sui loro visi gli effetti delle illustrazioni. Lui così sicuro del suo lavoro, aveva bisogno dell'approvazione dei colleghi.
Com'era nata in Achille Beltrame la vocazione dell'illustratore? Quasi casualmente. Fresco degli studi di Brera, si era recato in viaggio nel Montenegro (uno dei due soli viaggi di qualche importanza della sua vita) dove aveva eseguito dei bozzetti sui pittoreschi costumi del Paese: questi erano caduti sotto gli occhi di Eduardo Ximenes, allora direttore dell'"Illustrazione Italiana", che, illustratore anch'egli, aveva intuito a straordinaria attitudine del giovane pittore, e gli aveva aperto le pagine del suo giornale. Beltrame si fece presto notare. Il "Corriere", che aveva progettato un settimanale d'imminente pubblicazione, lo chiamò. E così dal primo numero dell'8 gennaio 1899 la "Domenica del Corriere" si presentò al pubblico con la prima copertina di Beltrame che rappresentava una bufera di neve nel Montenegro. Alla "Domenica" Beltrame ha lavorato assiduamente, senza mai fare vacanza, fino ai primi giorni di febbraio del 1945.
Negli ultimi tempi appariva un po' stanco della sua lunga operosità: ma di tale stanchezza nulla trapelava nelle tavole, sempre così vive nella loro grande emotività. Purtroppo, uno dei primi bombardamenti colse proprio il suo studio raccolto e sereno, scompigliò e in parte distrusse il suo prezioso archivio. Egli dovette traslocare e, per la prima volta, l'artefice instancabile provò il bisogno di riposare. E giunse la morte.
Per il cinquantenario della scomparsa di Achille Beltrame, il museo Gabetti del comune di Dogliani organizza una grande esposizione delle sue illustrazioni: in mostra fino alla fine di dicembre (apertura solo la domenica pomeriggio, dalle 15 alle 18) la produzione per la Domenica del Corriere dal 1899 al 1920. Sono 360 tavole esposte in ordine cronologico che rievocano i fatti salienti della cronaca e della storia italiane nei primi due decenni del secolo. E il catalogo pubblicato per l'occasione raccoglie testi di Buzzati, Vergani, Mosca, Zucconi, Afeltra e Nascimbeni, oltre alle pagine autobiografiche scritte nel 1935, tanto più preziose se si pensa che sul "padre" degli illustratori italiani non esiste a tutt'oggi una vera monografia. La mostra (organizzata in collaborazione con la fondazione Beltrame di Arzignano) diventerà itinerante nel 1996 in molte città europee.