Fin dalla Prima
Motu Proprio dell'AZIONE POPOLARE CRISTIANA
Fin dalla prima Nostra Enciclica all'Episcopato dell'Orbe, facendo eco a quanto
i Nostri gloriosi Predecessori ebbero stabilito intorno all'azione cattolica
del Laicato, dichiarammo lodevolissima questa impresa, ed ancor necessaria nelle
presenti condizioni della Chiesa e della civile società. E Noi non possiamo
non encomiare altamente lo zelo di tanti illustri personaggi, che da lungo tempo
si diedero a questo nobile compito, e l'ardore di tanta eletta gioventù,
che alacre è corsa a prestare in ciò l'opera sua. Il XIX Congresso
Cattolico, tenuto testé a Bologna, e da Noi promosso e incoraggiato,
ha sufficientemente mostrato a tutti la vigoria delle forze cattoliche, e quello
che possa ottenersi di utile e salutare in mezzo alle popolazioni credenti,
ove questa azione sia ben retta e disciplinata, e regni unione di pensieri,
di affetti e di opere in quanti vi concorrono.
Ci reca però non lieve rammarico che qualche disparere sorto in mezzo
ad essi, abbia suscitato delle polemiche pur troppo vive, le quali, se non represse
opportunamente, potrebbero scindere le medesime forze e renderle meno efficaci.
Noi, che raccomandammo sopra tutto l'unione e la concordia degli animi prima
del Congresso, perché si potesse stabilire di comune accordo quanto si
attiene alle norme pratiche dell'azione cattolica, non possiamo ora tacere.
E poiché le divergenze di vedute nel campo pratico mettono capo assai
facilmente in quello teoretico, ed anzi in questo necessariamente devono tenere
il loro fulcro, è d'uopo rassodare i principii, onde tutta dev'essere
informata l'azione cattolica.
Leone XIII di s. m., Nostro insigne Predecessore, tracciò luminosamente
le norme dell'azione popolare cristiana nelle preclare Encicliche Quod Apostolici
muneris del 28 dicembre 1878, Rerum novarum del 15 maggio 1891, e Graves de communi del 18 gennaio 1901; e ancora in particolare Istruzione
emanata per mezzo della Sacra Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari,
il 27 gennaio 1902.
E Noi, che non meno del Nostro Antecessore vediamo il grande bisogno che sia
rettamente moderata e condotta l'azione popolare cristiana, vogliamo che quelle
prudentissime norme siano esattamente osservate; e che nessuno quindi ardisca
allontanarsene menomamente.
E però, a tenerle più facilmente vive e presenti, abbiamo divisato
di raccoglierle come in compendio nei seguenti articoli, quale Ordinamento fondamentale
dell'azione popolare cristiana riportandole da quegli stessi Atti. Queste dovranno
essere per tutti i cattolici la regola costante di loro condotta.
ORDINAMENTO FONDAMENTALE
- La Società umana, quale Dio l'ha stabilita, è composta di elementi
ineguali, come ineguali sono i membri del corpo umano: renderli tutti eguali
è impossibile, e ne verrebbe la distruzione della medesima Società
(Encycl. Quod Apostolici muneris).
- La eguaglianza dei vari membri sociali è solo in ciò che tutti
gli uomini traggono origine da Dio Creatore; sono stati redenti da Gesù
Cristo, e devono alla norma esatta dei loro meriti e demeriti essere da Dio
giudicati, e premiati o puniti (Encycl. Quod Apostolici muneris).
- Di qui viene che, nella umana Società, è secondo la ordinazione
di Dio che vi siano principi e sudditi, padroni e proletari, ricchi e poveri,
dotti e ignoranti, nobili e plebei, i quali, uniti tutti in vincolo di amore,
si aiutino a vicenda a conseguire il loro ultimo fine in Cielo; e qui, sulla
terra, il loro benessere materiale e morale (Encycl. Quod Apostolici muneris).
- L'uomo ha sui beni della terra non solo il semplice uso, come i bruti; ma sì
ancora il diritto di proprietà stabile: né soltanto proprietà
di quelle cose, che si consumano usandole; ma eziandio di quelle cui l'uso non
consuma (Encycl. Rerum Novarum).
- È diritto ineccepibile di natura la proprietà privata, frutto di lavoro
o d'industria, ovvero di altrui cessione o donazione; e ciascuno può
ragionevolmente disporne come a lui pare (Encycl. Rerum Novarum).
- Per comporre il dissidio fra i ricchi ed i proletari fa mestieri distinguere
la giustizia dalla carità. Non si ha diritto a rivendicazione, se non
quando si sia lesa la giustizia (Encycl. Rerum Novarum).
- Obblighi di giustizia, quanto al proletario ed ai padroni, sono questi: prestare
interamente e fedelmente l'opera che liberamente e secondo equità fu
pattuita; non recar danno alla roba, né offesa alla persona dei padroni;
nella difesa stessa dei propri diritti astenersi da atti violenti né
mai trasformarla in ammutinamenti (Encycl. Rerum Novarum).
- Obblighi di giustizia, quanto ai capitalisti ed ai padroni, sono questi: rendere
la giusta mercede agli operai; non danneggiare i loro giusti risparmi, né
con violenze, né con frodi, né con usure manifeste o palliate;
dar loro libertà per compiere i doveri religiosi; non esporli a seduzioni
corrompitrici ed a pericoli di scandali; non alienarli dallo spirito di famiglia
e dall'amor del risparmio ; non imporre loro lavori sproporzionati alle forze,
o mal confacenti coll'età o col sesso (Encycl. Rerum Novarum).
- Obbligo di carità de' ricchi e de' possidenti, è quello di sovvenire
ai poveri ed agl'indigenti, secondo il precetto Evangelico. Il qual precetto
obbliga sì gravemente, che nel dì del giudizio dell'adempimento
di questo in modo speciale si chiederà conto, secondo disse Cristo medesimo
(Matth. XXV) (Encycl. Rerum Novarum).
- I poveri poi non devono arrossire della loro indigenza, né sdegnare la
carità dei ricchi, sopra tutto avendo in vista Gesù Redentore,
che, potendo nascere fra le ricchezze, si fece povero per nobilitare la indigenza
ed arricchirla di meriti incomparabili pel Cielo (Encycl. Rerum Novarum).
- Allo scioglimento della quistione operaia possono contribuir molto i capitalisti
e gli operai medesimi con istituzioni ordinate a porgere opportuni soccorsi
ai bisognosi, e ad avvicinare ed unire le due classi fra loro. Tali sono le
società di mutuo soccorso; le molteplici assicurazioni private; i patronati
per i fanciulli, e sopra tutto le corporazioni di arti e mestieri (Encycl.
Rerum Novarum).
- A tal fine va diretta specialmente l'Azione Popolare Cristiana o Democratica
Cristiana colle sue molte e svariate opere. Questa Democrazia Cristiana poi
dev'essere intesa nel senso già autorevolmente dichiarato, il quale,
lontanissimo da quello della Democrazia Sociale, ha per base i principi della
fede e della morale cattolica, quello sopra tutto di non ledere in veruna guisa
il diritto inviolabile della privata proprietà (Encycl. Graves de
communi).
- Inoltre la Democrazia Cristiana non deve mai immischiarsi con la politica, né
dovrà mai servire a partiti ed a finì politici; non è questo
il suo campo: ma essa dev'essere benefica a favore del popolo, fondata sul diritto
di natura e sui precetti del Vangelo (Encycl. Graves de communi) (Istruz,
della S. C. degli AA. EE. SS.).
I Democratici cristiani in Italia dovranno del tutto astenersi dal partecipare
a qualsivoglia azione politica che nelle presenti circostanze, per ragioni di
ordine altissimo, è interdetta ad ogni cattolico (Istruz, cit.).
- In compiere le sue parti, la Democrazia Cristiana ha obbligo strettissimo di
dipendere dall'Autorità Ecclesiastica, prestando ai Vescovi ed a chi
li rappresenta piena soggezione e obbedienza. Non è zelo meritorio, né
pietà sincera intraprendere anche cose belle e buone in sé, quando
non siano approvate dal proprio Pastore (Encycl. Graves de communi).
- Perché tale azione democratico-cristiana abbia unità di indirizzo,
in Italia, dovrà essere diretta dall'Opera de' Congressi e de' Comitati
Cattolici; la quale Opera in tanti anni di lodevoli fatiche ha sì ben
meritato della S. Chiesa, ed alla quale Pio IX e Leone XIII di s. m. affidarono
l'incarico di dirigere il generale movimento cattolico, sempre sotto gli auspici
e la guida dei Vescovi (Encycl. Graves de communi).
- Gli scrittori cattolici, per tutto che ciò tocca gl'interessi religiosi
e l'azione della Chiesa nella Società, devono sottostare pienamente,
d'intelletto e di volontà, come tutti gli altri fedeli, ai loro Vescovi,
ed al Romano Pontefice. Devono guardarsi sopra tutto di prevenire, intorno a
qualunque grave argomento, i giudizi della Sede Apostolica (Istruz. della S.C.
degli AA. EE. SS.).
- Gli scrittori democratici-cristiani, come tutti gli scrittori devono sottomettere
alla preventiva censura dell'Ordinario tutti gli scritti, che riguardano la
religione, la morale cristiana e l'etica naturale, in forza della Costituzione Officiorum et munerum (art. 41). Gli ecclesiastici poi, a forma della
medesima Costituzione (art. 42), anche pubblicando scritti di carattere meramente
tecnico, debbono previamente ottenere il consenso dell'Ordinario (Istruz. della
S.C. degli AA. EE. SS.).
- Debbono fare inoltre ogni sforzo ed ogni sacrifizio perché regnino fra
loro carità e concordia, evitando qualsivoglia ingiuria o rimprovero.
Quando sorgono motivi di dissapori, anziché pubblicare cosa alcuna sui
giornali, dovranno rivolgersi all'Autorità Ecclesiastica, la quale provvederà
secondo giustizia. Ripresi poi dalla medesima, obbediscano prontamente senza
tergiversazioni e senza menarne pubbliche lagnanze; salvo, nei debiti modi ed
ove sia richiesto dal caso, il ricorso all'Autorità superiore (Istruz.
della S.C. degli AA. EE. SS.).
- Finalmente gli scrittori cattolici, nel patrocinare la causa dei proletari e
dei poveri, si guardino dall'adoperare un linguaggio che possa ispirare nel
popolo avversione alle classi superiori della società. Non parlino di
rivendicazioni e di giustizia, allorché trattasi di mera carità,
come innanzi fu spiegato. Ricordino che Gesù Cristo volle unire tutti
gli uomini col vincolo del reciproco amore, che è perfezione della giustizia,
e che porta l'obbligo di adoperarsi al bene reciproco (Istruz. della S.C. degli
AA. EE. SS.).
Le predette norme fondamentali, Noi, di moto proprio e di certa scienza, colla
Nostra Apostolica Autorità le rinnoviamo in ogni loro parte, ed ordiniamo
che vengano trasmesse a tutti i Comitati, Circoli ed Unioni Cattoliche di qualsivoglia
natura e forma. Tali società dovranno tenerle affisse nelle loro sedi,
e rileggerle spesso nelle loro adunanze. Ordiniamo inoltre che i giornali cattolici
le pubblichino integralmente e dichiarino di osservarle; e le osservino infatti
religiosamente: altrimenti siano gravemente ammoniti, e se ammoniti non si emendassero,
verranno dalla Autorità Ecclesiastica interdetti.
Siccome poi a nulla valgono parole e vigoria d'azione, se non siano precedute,
accompagnate e seguite costantemente dall'esempio; la necessaria caratteristica,
che deve rifulgere in tutti i membri di qualunque Opera cattolica, è
quella di manifestare apertamente la fede colla santità della vita, colla
illibatezza del costume e colla scrupolosa osservanza delle leggi di Dio e della
Chiesa. E questo perché è il dovere di ogni cristiano, e poi anche
perché chi ci sta di contro, abbia rossore, non avendo nulla, onde dir
male di noi (Tit. II, 8).
Di queste Nostre sollecitudini pel bene comune della azione cattolica, specialmente
in Italia, speriamo colla divina benedizione, copiosi e felici frutti.
Dato in Roma presso S. Pietro il 18 decembre 1903, anno primo del Nostro
Pontificato.
ultimo aggiornamento:
10.08.2007