“La Vita del Popolo”, Domenica 1° dicembre 2002 p. 21
Un’immagine, più delle parole, riesce a raccontare e testimoniare
la fede e il cammino di un’intera comunità.
Un patrimonio d’arte inestimabile, è racchiuso nelle chiese e in
altri edifici diocesani, un patrimonio che deve essere riscoperto per il suo
valore pastorale. E’ quanto si sta cercando di fare con lavoro che necessita
molto l’opera di inventariazione dei beni culturali ecclesiastici portata
avanti dal competente ufficio della Cei fin dal 1996. Il progetto, che si prevede
sarà ultimato nel 2005, è portato avanti da 213 diocesi italiane
su 225. Tra queste, anche la diocesi di Treviso che attraverso l’ufficio
per l’arte sacra diretto da don Rino Giacomazzi lavora a questa inventariazione
da parecchi anni, prima ancora dell’iniziativa della Cei, illustrata in
un recente convegno a Roma.
“L’obiettivo di questo lavoro è il medesimo dell’ufficio
di arte sacra - ci spiega don Rino Giacomazzi -. Vale a dire promuovere la conoscenza,
la tutela, la valorizzazione e l’incremento dei beni culturali ecclesiastici
in collaborazione con la Sovrintendenza”. In passato era la sola Sovrintendenza
ad occuparsene con il puro scopo di conservazione delle opere non tenendo conto
della matrice religiosa, cristiana di quest’arte e di questi oggetti e
quindi anche dell’uso che ne viene fatto durante le celebrazioni. “La
chiesa - continua don Rino - si è recentemente resa conto di avere un
patrimonio importantissimo, espressione della storia e del cammino di fede fatto
dalla comunità. Anche nell’arte si possono cogliere i cambiamenti
avvenuti nell’ambito liturgico con il Vaticano II: dalla concezione verticistica
alla partecipazione di tutta l’assemblea che celebra”. Per cui anche
il contenitore dell’assemblea, non va solo conservato ma va adattato alle
nuove esigenze liturgiche. Si tratta allora, come avvenuto per l’ufficio
diocesano per l’arte, di favorire il dialogo con le varie componenti che
interagiscano nella conservazione dei beni culturali.
La prima catalogazione è stata portata avanti nei primi anni ’70
dalla Sovrintendenza ed era ristretta ai soli beni culturali ecclesiastici che
si trovavano nei grandi centri e veniva fatta per settori specifici. Negli anni
’89/’90 è intervenuta la Regione Veneto a finanziare la completa
catalogazione. Ed è proprio sulla base di questa iniziativa veneta e
di quella simile fatta nelle Marche, che la Cei ha deciso di promuovere lo stesso
progetto in tutta Italia, dando un contributo per numero di parrocchie ad ogni
diocesi che si impegna in questo lavoro che necessita molto studio e molta precisione.
L’équipe di professionisti che sta operando nella diocesi di Treviso
conta 5 persone: Chiara Torresan, Silvia e Roberta Rizzato, Francesco Zampieri
e Luigi Baldin (fotografo).
La Cei ha fornito ad ogni diocesi un database che sarà riempito con tutte
le informazioni relative alle opere d’arte. Ad oggi il 90% del territorio
della nostra diocesi è già stato catalogato per quel che riguarda
i suoi beni artistici. Mancano alcuni piccoli centri e poi bisognerà
riprendere in mano il lavoro fatto dalla Sovrintendenza le cui schede devono
essere inserite nel database e completate con foto e con altre informazioni
richieste dalla Cei. Al termine già in Internet si potrà trovare
un percorso d’arte in cui tutte le opere saranno valorizzate nella loro
componente originaria, nel loro messaggio religioso in cui si evidenzia Gesù
Cristo Salvatore.
Chiara Torresan, che con i suoi colleghi segue questo progetto fin dagli inizi, nota come sia aumentata anche tra i sacerdoti la sensibilità verso la conservazione e la valorizzazione delle opere d’arte nella loro valenza pastorale. Purtroppo, lamenta don Rino Giacomazzi, con il cambiamento della liturgia e il periodo di vuoto giuridico molti beni sono stati venduti per acquistare, magari, altri oggetti necessari alla Chiesa e alla comunità. E così intere parrocchie si trovano spoglie, prive di oggetti preziosi per ricostruire il cammino fatto. E’ il caso di alcune chiese antiche nel padovano, mentre intere zone del Piave e del Montello hanno dovuto fare i conti con la distruzione delle guerre. Nonostante questi avvenimenti, si prevede che, alla fine, la diocesi di Treviso potrà contare su 20.000 schede.
Su quanta ricchezza possano contare le nostre parrocchie si sono da tempo accorti
i ladri. Sempre più frequenti, infatti, i furti di beni culturali ecclesiastici.
Un passo importante, dopo la catalogazione con foto relativa, sarà quello
di trovare un luogo adeguato dove conservare i beni con l’aiuto anche
dei sistemi di allarme.
Non più umide soffitte o scantinati, ma stanze-museo in ogni
parrocchia sulla scia di quanto fatto a Salzano, con il museo di San Pio X,
allestito durante l’anno santo.
Molti di questi beni necessitano anche di restauri. E qui un aiuto fondamentale
arriva dai privati, dagli sponsor, le banche in primis.
Una commissione diocesana sta lavorando anche alla catalogazione degli organi nelle parrocchie. E il prossimo anno, con il supporto finanziario dell’Ente provinciale di Treviso, dovrebbe partire la catalogazione dei numerosissimi capitelli sparsi in tutto il territorio, non appartenenti alle parrocchie, ma esempio genuino di religiosità popolare.
Lucia Gottardello
Tra le opere che necessitano di lavori di restauro vi sono alcuni dipinti conservati
nella chiesa di Santa Maria maggiore a Treviso. Si tratta di nove quadri della
“Vita di Gesù e di Maria, collocati nell’attico che sosteneva
la cupola barocca ora non più esistente posta sopra il tempietto della
Madonna. Hanno per soggetto l’Annunciazione, la Natività, l’Adorazione
dei Magi, la Presentazione di Gesù al Tempio, la circoncisione, la Fuga
in Egitto, le Nozze di Cana, la Vergine adorante il Bambino e l’Immacolata.
Alcuni sono piccoli capolavori e tutti, opera di vari autori, sono in stato
di conservazione non buono. Altra opera è la “Fuga in Egitto”
(fine 1500), dipinto del quale non si sono trovate, almeno fino ad ora, descrizioni
antiche. Le pessime condizioni di conservazione rendono indispensabile un restauro
conservativo soprattutto estetico.
S. Andrea e S. Pietro (o S. Bartolomeo) sono, invece, due dipinti di notevole
qualità, collegati tra loro dallo stile e dalle dimensioni e attribuiti,
con qualche dubbio, al pittore trevigiano G. Buonagrazia (1654-post 1730), lo
stesso che ha dipinto le tele presenti nel tamburo di S. Agostino.
Tutte le tele, viste le cattive condizioni di conservazione, non sono in chiesa.
Dopo il restauro, che abbisogna di fondi da trovare in sponsor privati, in accordo
con la competente Soprintendenza che ha autorizzato i lavori di recupero, sarà
trovata una sistemazione che le valorizzi.
Sopra, la basilica di S. Maria Maggiore di Treviso dove è conservata la tela “Fuga in Egitto”. In alto, affreschi di Tomaso da Modena nella sala del Capitolo del Seminario diocesano
Importanti tele da restaurare con l’aiuto di sponsor privati nella Basilica
di S. Maria Maggiore